Mauro Civai “Ode al maiale” e “La spolpatura del porco” “14 novembre 2017

14 Novembre 2017 by

Caro Guido, come mio modestissimo contributo al tuo sorriso, in occasione del convegno di domani, ti invio due poesie scherzose che ho scritto un po’ di tempo fa perché invitato da amici di Assisi a quelle che loro chiamano spolpature e noi in Toscana sporcellate, occasioni in cui si ammazza e si lavora il maiale, insomma.

Buon lavoro

 Nella festosa occasione della spolpatura del porco

condotta in terra di Assisi il 12 gennaio 2013

da un gruppo di esperti norcini,

la sparuta delegazione senese,

fiera di tanto ceppo

e grata per l’invito generoso,

offre agli operosi amici

questa

 

ODE AL MAIALE

In questo mondo ormai compromesso

da grave crisi vieppiù generale,

chi offre, umile, tutto se stesso?

Solo il maiale!

Chi si distingue pel fare dimesso

e anche se supera molto il quintale

non si lamenta del grasso in eccesso?

Questo animale!

Di dura ghianda è contento lo stesso,

dorme e gli basta il proprio guanciale,

è spesso prono oppur genuflesso,

sempre neutrale.

E’ disponibile, pronto, indefesso,

pure si candida al pranzo pasquale

ben arrostito, ma piace anche lesso

sotto Natale.

Quale peccato avrà poi commesso,

quantunque sol preterintenzionale,

per comminargli, senza processo,

pena letale?

Chiudo e col plauso di questo consesso

io manifesto amor viscerale

ed un trasporto rasente all’amplesso

verso il maiale.

Mauro Civai, 12 gennaio 2013

 

Persistendo in Assisi la lodevole usanza,

 malgrado la magrezza dei tempi,

della spolpatura del porco,

l’ultimo (e non in ordine di tempo)[1]

 dei poeti toscani,

caricato di incarico patronimico,

dedica agli inossidabili amici umbri

questo componimento

in forma di epinicio[2],

celebrativo della ennesima,

quanto effimera, vittoria

dell’uomo sulla bestia.

 

AGENORE, UNICO NEL SUO GENERE

 Fresche acque della fonte Castalia[3],

fruttuose al cuore dei vati,

alimentate la mia vena impoverita

da tanti eventi avversi

e conducetela al cospetto delle Muse eterne

coronate di teneri boccioli,

perché anche il poeta,

come i campioni che onora,

abbia a conseguire la sua vittoria.

Trascurate solerti norcini

appena un momento

il vostro compito

per ascoltare il poeta

e immaginate gli infiniti misteri

a cui le sue scarne parole

accennano soltanto.

In una terra feconda di messi e olivi

e ricca di bestiame,

prosperava Agenore[4],

mansueto Calidonio[5],

ignaro del suo lignaggio e della sua progenie.

Gli dei insaziabili

di cruenti martìri,

gelosi della pace degli uomini,

disposero che rimanesse solitario,

impegnando la sua stirpe

a moltiplicare i continenti.

Partirono, quindi, Cadmo[6], Cilice[7] e Fenice[8]

a ricercare la bella Europa[9],

trascinata da un toro seducente

sulle coste cretesi.

E da allora tutto ebbe inizio[10],

non solo le lotte

guerreggiate dai maschi

seguendo un gioco crudele.

E quando i discendenti degli antenati

e i nipoti dei pronipoti

inventarono finalmente una pace malsicura

il conflitto proseguì contro i popoli

privandoli di ogni avere,

spolpandone la residua speranza.

Del resto Ares dal cuore violento

non distingue gli amici in battaglia

e le colpe dei figli

sempre hanno afflitto i genitori.

Siamo dunque a celebrare

il sacrificio del nobile Agenore:

non si era macchiato di azioni colpevoli

e un velo di rimpianto

per questo ci adombra.

Ma la sua comprovata bontà

sarà di sollievo agli uomini

che l’hanno fin qui accudito

ben coscienti di qualità da tutti invidiate.

Tributiamo a loro molti onori,

ma senza dimenticare

la caducità di ogni momento.

Tanto più ci esalteranno,

tanto più otterremo ricchezze

e tanto più grande sarà il dispiacere

nel dover abbandonare il nostro stato.

 

Mauro Civai

Assisi, 19 gennaio 2014

 

[1] Ovviamente la posizione in classifica si riferisce all’ordine di fama.

[2] Componimento lirico destinato a celebrare la vittoria di un personaggio o comunque un evento dalla felice conclusione, in genere declamato durante banchetti lauti e solenni. In uso nella Grecia antica, fu ripreso nel ‘500 dal de Ronsard e più recentemente da Gianni Brera per celebrare lo scudetto all’Inter nel 1963 e la vittoria della Nobile Contrada del Nicchio nel Palio del 16 agosto 1981. È articolato in tre fasi: una prima invocazione per ingraziarsi il favore delle Muse e dell’auditorio, poi il racconto dell’evento celebrato e la glorificazione del protagonista esaltandone le caratteristiche con citazioni erudite, infine prevede una chiusa moraleggiante.

[3] Castalia fu una ninfa amadriade, amata dal bellissimo Apollo. Stranamente non corrispose all’amore del dio e per sfuggirgli si gettò in una fonte che sgorgava alle falde del monte Parnaso, nei pressi di Delfi. La fonte prese il suo nome e risultò provvida all’ispirazione dei poeti che vi si dissetavano.

[4] Figlio di Poseidone e re di Tiro, nell’attuale Libano. Sposò Telefassa da cui ebbe tre figli maschi, Fenice, Cilice e Cadmo e una sola femmina: Europa. Dopo il ratto della figlia da parte di Zeus, inviò gli altri figli a cercarla, ma non ne rivide più nessuno e neppure la moglie, anch’essa partita in cerca della ragazza.

[5] Il cinghiale Calidonio è il più tremendo suino della mitologia. Fu inviato da Artemide, indignata per un mancato sacrificio da parte del re Oineo, a devastare il territorio di Calidone, posto in Etolia nei pressi di Corinto. Dopo aver imperversato a lungo fu ucciso da un gruppo di nobili guerrieri, tra i quali Meleagro, figlio di Oineo e principe del luogo e l’eroina Atalanta.

[6] Figlio di Agenore da cui fu mandato a cercare la sorella Europa, rapita da Zeus. Ma abbandonò presto l’impresa, avendogli indicato l’oracolo di Delfi di fondare la città di Tebe in Beozia. Sposò Armonia, figlia di Ares e di Artemide e al convito nuziale presero parte tutti gli Dei dell’Olimpo, che per l’ultima volta si sedettero a tavola insieme a dei mortali.

[7] Anch’esso figlio di Agenore, fu capostipite dei Cilici, fermandosi a risiedere nella omonima regione. situata nella attuale parte meridionale della Turchia.

[8] Figlio di Agenore, fu fondatore del regno dei Fenici.

[9] Bellissima figlia di Agenore e Telefassa, fu rapita da Zeus che le si presentò in sembianze di candido toro. Salita per gioco sulla groppa della bestia, fu condotta in una folle fuga attraverso il mare, fino all’isola di Creta. Qui fu posseduta da Zeus, che nel frattempo aveva preso la forma di un’aquila, circostanza inserita dai greci sulla moneta da 2 Euro. Ebbe tre figli: Minosse, Radamanto e Sarpedonte, che si contesero il regno di Creta.

[10] Secondo i moderni commentatori il ratto di Europa e la conseguente nascita di potenti città e stati, fondati dai suoi fratelli, fu alla base di una stagione irrisolta di guerre tra popoli non direttamente confinanti, scaturite spesso dal rapimento di una donna da parte di un viaggiatore, appartenente a un popolo contendente.

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