Dioniso e Banca Mediolanum 27 giugno 2017

2 Luglio 2017 by

 

 

 

 Il Convegno:  l’Agricoltura biologica e “i vini naturali”

Ha avuto inizio con i saluti del dott. Mauro Lo Vasco, Group manager della Banca Mediolanum:
alle Signore e ai Signori presenti
al moderatore Prof. Giancarlo Moschetti, ordinario di Microbiologia Agraria Unipa
ai relatori dott. Onofrio Corona e dott. Nicola Francesca, Unipa
al dott. Massimo Solano, agronomo e al dott. Antonino Vilardi, enologo della Cantina Valdibella.
agli organizzatori del convegno: Acc. Guido Falgares, Accademia dei Georgofili, e dott. Francesca Tamburello, sommelier.
Il dott. Mauro Lo Vasco ha spiegato come da anni il Gruppo Mediolanum si distingue per la qualità della vita lavorativa e per il proprio stile aziendale, favorendo non solo la partecipazione dei cittadini alle informazioni di carattere finanziario, ma mettendo anche a disposizione dei propri clienti le “stanze” di Palazzo Notarbartolo per degli eventi che riguardano i loro interessi, i loro hobbies.
Gli interventi dei relatori sul tema del convegno sono stati interessanti e particolarmente graditi da un pubblico numeroso ed attento.
Al termine, i tanti ospiti hanno iniziato il percorso tra i “banchi d’assaggio” predisposti nelle magnifiche “stanze” del Palazzo Notarbartolo.
Tutti desiderosi di cibarsi di quante più informazioni possibili, senza farsi scappare una sola parola. Curiosità? Non crediamo. Forse un tema ambientale come l’agricoltura biologica e i vini naturali richiama il nostro transpersonale, le nostre radici culturali, i nostri avi, le nostre terre, insomma chi ci ha preceduto. Il vino “naturale” sollecita, ma soprattutto evoca e provoca insieme. Ci ricorda chi siamo, da dove proveniamo e forse dove andremo, se non staremo attenti a tutelare la terra e i suoi frutti.
Il vino prima di essere colore, odore e sapore deve essere figlio di una natura per quanto possibile incontaminata, generato senza interferenze, aiutato a crescere e non costruito artificiosamente. Capita di sentire dire che senza l’intervento dell’uomo il vino diventerebbe aceto. Forse ci si dimentica che senza l’uomo non esisterebbe.
La questione è la funzione dell’uomo all’interno di un triangolo virtuoso, luogo, vitigno e memoria, che deve essere quanto più vicina alla custodia.
Il significato di vino naturale: non è dissimile da quello di qualsiasi altro prodotto alimentare. Ovviamente non è scorretto dire che il vino naturale è quello senza lieviti aggiunti, senza filtrazione, ottenuto da uve che non sono state trattate; queste condizioni sono, però, soltanto le conseguenze di una scelta più profonda, quella del contadino “il vero ambientalista” di rispettare il luogo in cui lavora e opera. La terra è la vera radice di tutto ciò che è naturale e la missione dell’agricoltore è la sua custodia, prima ancora della realizzazione del prodotto alimentare.
“Il vino è il diretto testimone di un luogo, inteso come clima, suolo e storia. La vite legge e interpreta la terra nella quale è stata piantata come nessun’altra coltivazione; per questo motivo il vino è, tra i fermentati, quello che restituisce integralmente il proprio luogo di origine. La possibilità di riportare quanto più intatto il segno della terra d’origine è proporzionale alla buona salute della pianta e del suolo in cui è radicata. Il rapporto tra pianta e suolo -ignorato dal metodo di zonazione (attualmente usato per classificare i vini)- determina il proteoma (l’insieme delle proteine di un organismo vivente) di un particolare vitigno; per tale ragione quelli autoctoni hanno una maggiore sensibilità verso la microbiologia dei luoghi rispetto ai cosiddetti vitigni internazionali”
L’espressione (anche genetica) di ogni vitigno è fortemente condizionata dalla presenza microbiologica nel terreno, chiamata “consorzio”; questa agisce in maniera multiforme nel rapporto pianta/suolo, aumentando la fertilità della pianta e, direttamente e indirettamente, la sua resistenza agli attacchi dei patogeni. Il ruolo del consorzio è determinante anche nel potenziare la resistenza della vite agli stress e le qualità organolettiche del frutto. L’uomo ha il compito di promuovere questa sinergia, di custodirla, di frequentarla con assiduità in modo che l’osservazione delle trasformazioni naturali e culturali assurga a suo principale strumento di lavoro.
Essere custodi significa accogliere gli esiti che la diversità propone, saper fare un passo indietro e imparare a sentire ciò che la terra e le sue piante comunicano.
Palermo 27 giugno 2017                                 Guido Falgares

 

 

 

 

 

 

 

 

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