27 giugno 2017, la Cantina Valdibella “un modello sociale e ambientale”

2 Luglio 2017 by

 

 

 

L’incontro:

4 dicembre 2013. Alba stupenda. Il sole rosso si è da poco levato sullo specchio placido e celeste del Tirreno, quando in macchina lascio Palermo in direzione di Camporeale, il piccolo paese dove ha sede la cooperativa agricola Valdibella. L’ampia veduta generale del paesaggio, mi trovo al centro di essa e in posizione leggermente rialzata, crea con la prospettiva dell’illusione, l’attesa fiduciosa del paesaggio come elemento chiave del benessere individuale e sociale, e la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua progettazione come diritti e responsabilità per ciascun individuo.
Forse oggi è possibile ricominciare a parlare di diritto al paesaggio.
La strada è libera e consente alla mia attività interna di formare e esaminare le idee complesse sull’agricoltura biologica, di scoprire le condizioni che la rendono possibile e indispensabile e anche di cogliere la vera natura della persona che mi sono posto di esaminare.
Ho sempre pensato di confrontarmi con una persona che avesse uno sguardo diverso sul vino, un modo di accostarsi al vino un po’ fuori dalle righe, accurato, approfondito, tranquillo… qualche anno fa ho conosciuto Massimiliano Solano uno dei soci fondatori della Cooperativa Valdibella a Camporeale (1998).
Valdibella è una comunità di agricoltori che ha condiviso un percorso e ha condiviso lo spazio di lavoro con i giovani della comunità salesiana “Itaca” aiutandoli ad integrarsi nella Società.


I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si e ci domandano come sia possibile costruire un futuro migliore senza pensare all’ambiente”.
Massimiliano cosa ti proponi?
“Produrre il meglio sul proprio territorio, offrire il meglio della propria produzione e permettere ai giovani in difficoltà di dare il meglio di loro stessi”.

Quali sono gli obiettivi di Valdibella?

 

Che cosa è per te l’agricoltura biologica?
Oggi non sussistono più le condizioni di emergenza di fine ‘800 (la tempesta fillosserica), o lo sfacelo viticolo degli anni ’70 dello scorso secolo con la diffusa introduzione delle selezioni clonali al solo scopo di aumentare la quantità e uniformare i processi fisiologici della pianta).
Oggi il vigneto può essere liberato dal giogo di una chimica oppressiva e la vinificazione può riacquistare il ruolo generativo che la natura le ha concesso.
da un punto di vista strettamente terminologico, tutta l’agricoltura è biologica, nel senso che è un’attività basata sulla trasformazione biologica, da parte delle piante verdi, dell’energia solare in prodotti utili all’uomo e segnatamente in quei beni fondamentali per la salute che sono i cibi.
Ciò premesso, aggiunse, il termine di a. b. va inteso in un’accezione diversa: quella di designare e distinguere un metodo di agricoltura, antitetico all’agricoltura convenzionale attualmente in essere nei paesi sviluppati e basata sull’impiego di mezzi tecnici di produzione industriale, un metodo che sia capace di soddisfare le esigenze di consumatori sensibilizzati ai problemi dell’ambiente e della salute e quindi molto recettivi ai messaggi portatori di idee di naturalità e salubrità”
E “mi indica: degli obiettivi.

  1. migliorare la qualità nutritiva, intesa in senso molto largo, degli alimenti: assenza di residui di fitofarmaci, basso contenuto di nitrati, maggior contenuto di elementi nutritivi (sostanza secca, zuccheri, vitamine, microelementi), maggior serbevolezza (conservazione), miglior sapore, miglior digeribilità. Tutto ciò, ovviamente, rispetto alla qualità nutritiva dei prodotti dell’agricoltura convenzionale.
  2. migliorare la fertilità del terreno (obiettivo di lungo termine) aumentandone il contenuto di humus, vivificandone le attività biologiche e segnatamente l’azotofissazione; correggendone le carenze minerali, soprattutto quelle di microelementi, adottando la pratica del sovescio e della rotazione.
  3. equilibrare la nutrizione delle piante tenendo conto che queste abbisognano non solo degli elementi maggiori (N, P e K), ma anche di numerosi microelementi e anche di molecole organiche complesse (antibiotici, vitamine, alcaloidi, acidi umici);
  4. evitare tutte le forme di inquinamento, non solo degli alimenti, ma di tutte le componenti ambientali.
  5. sviluppare le difese fisiologiche delle piante verso i parassiti (mediante un buon equilibrio nutrizionale) e rimuovere le condizioni a questi favorevoli (squilibri minerali o idrici, cattiva aerazione del terreno, stentata attività microbica, ecc.).
  6. ridurre di molto gli interventi tecnici convenzionali in ognuno dei settori di intervento agronomico di maggior impatto ambientale (lavorazioni, concimazione, lotta antiparassitaria)

Mentre stiamo chiacchierando e ponendo delle domande, Massimiliano mi porta a fare una passeggiata tra i suoi vigneti. Camminando sopra il terreno ho una sensazione strana, morbido, vivo, soffice, sembra quasi che respiri. Il vigneto è inserito in un contesto molto equilibrato: cumuli di pietra, siepi, piccoli boschi, aree incolte ed aree con diversificazione colturale. Più in alto confina con una collina dove Massimiliano va a raccogliere la camomilla selvatica o i funghi pleurotus prodotti da un’ombrellifera perenne che è chiamata Tabbisu.  Mi disse:


Quali sono le tue modalità di gestione del suolo? in quanto le considero una premessa indispensabile per una crescita equilibrata di colture di alta qualità e con pochi problemi di malattie, di parassiti e di erbe infestanti.
miro ad avere un terreno sano e microbiologicamente attivo. Per questo ho semplicemente scelto il rivitalizzante del suolo migliore che ci sia, il più antico e naturale: la sostanza organica (è l’insieme dei composti organici presenti nel terreno, di origine sia animale che vegetale.) che ha il duplice scopo di arricchire il terreno di humus (complesso di sostanze organiche presenti nel suolo, derivato dalla decomposizione di residui vegetali e animali, di primaria importanza per la nutrizione delle piante.) e di fornire azoto e altri elementi alle piante”

Il terroir e ì consorzi microbiologici:”leggi mio articolo su Dioniso, pubblicato il 12 dicembre 2012″

La fertilità biologica è strettamente correlata alla quantità ed alla qualità della sostanza organica, che costituisce la principale fonte energetica e di nutrienti per i microrganismi.

Intervieni con concimazioni organiche esterne? Sovesci/pacciamature?
non interveniamo con concimazioni organiche esterne, effettuiamo sovesci/pacciamature di piante miste, leguminose e non, che vengono tagliate e lasciate in copertura del suolo nei mesi estivi. Nessuna lavorazione del suolo; il terreno non viene rivoltato per non distruggere l’apparato radicale. Sul suolo avremo materiale indecomposto in superficie, mentre negli strati più profondi i vegetali degli anni precedenti si saranno già trasformati in humus”

Una mia precisazione a sostegno di quanto detto:
Microrganismi azotofissatori simbionti
La simbiosi azotofissatrice è propria di piante pioniere adatte a vivere in terreni poveri o ecologicamente “disagiati”. L’esempio più noto di simbiosi azotofissatrice è quello tra le Leguminose e il Rhizobium leguminosarum.
I batteri del genere Rhizobium si insediano nelle radici dell’ospite, inducendo la formazione di tipici noduli radicali, e qui, dato che sono autotrofi solo per l’azoto, sottraggono diversi composti organici e sali minerali all’ospite stesso, cedendogli però in cambio composti azotati. Questi scambi sono favoriti da particolari e caratteristici tessuti vascolari che si sviluppano proprio all’interno dei noduli radicali. Inoltre, quando la pianta muore (e con essa anche i batteri simbionti), le grandi quantità di composti azotati che si sono accumulate dentro tali microrganismi vengono rilasciate nel terreno che, perciò, riceve un apporto di azoto supplementare e certamente di gran lunga superiore a quello che può essere ottenuto dalla semplice degradazione dei soli tessuti vegetali morti.
La pacciamatura, imita quello che succede naturalmente nei boschi dove le foglie secche vanno ad accumularsi sul terreno ai piedi dell’albero formando la lettiera, limitando la crescita di altra vegetazione. L’effetto è dovuto sia ad un’inibizione di tipo fisico (impedimento alla penetrazione dei raggi solari, mancanza di spazio per lo sviluppo delle erbe infestanti) sia ad azioni di tipo biochimico (rilascio di sostanze bio-inibitrici che intossicano i semi e le parti di propagazione delle erbe infestanti). La pacciamatura permette di mantenere, al livello delle radici superficiali, una temperatura più elevata nei mesi freddi, mentre diminuisce il bisogno di annaffiature durante i mesi caldi.

Come pensi di sviluppare le difese fisiologiche, che cosa sono i Fervìda?
Stiamo coltivando dei microrganismi attivi detti  Fervìda, da quest’anno li cominceremo a distribuire nei nostri vigneti. Si tratta di colture microbiche autoprodotte che vengono fatte sviluppare in un’acqua arricchita da sostanze zuccherine come nutriente e in cui vengono immerse in adeguate proporzioni vegetali o frutti”

“Io in particolare ho usato delle piante officinali per sfruttare le loro proprietà sul vigneto: piantaggine, eucalipto, radici di bardana, sommacco ed equiseto. Dopo un anno di fermentazione estrarrò la parte liquida che opportunamente diluita verrà cosparsa su foglie e terreno per stimolare le naturali difese della pianta”

Il porta-innesto può essere un fattore di disturbo:
“è noto che le viti su piede franco hanno una resistenza alle malattie infinitamente superiore rispetto a quelle innestate. Il piede americano talvolta può impedire la trasmissione di alcune sostanze vitali dal terreno alla pianta: è il caso del manganese e perfino del ferro. Alcune piante morte per mancanza di ferro, sottoposte ad analisi, rivelavano un eccesso ferroso proprio nel porta-innesto. È come se questo corpo estraneo fosse un filtro, una sorta di traduttore tra suolo e pianta che a volte non trasmette le informazioni in modo sufficiente o completo”

Il vigneto Valdibella: superfice, ubicazione, vitigni e produzione?
“La cooperativa Valdibella ha scelto un percorso produttivo basato sulla valorizzazione dei vitigni tradizionali. Uno dei vitigni più coltivati e più antichi è sicuramente il Catarratto presente quasi esclusivamente in Sicilia Occidentale.
Coltiviamo il Catarratto in alta collina e nella tradizionale forma di allevamento ad alberello non legato”. Insieme al Catarratto produciamo altri vini da monovitigno come il Nero D’Avola, il Grillo, l’Inzolia, Catarratto extra lucido e il poco conosciuto Perricone.
In totale la cooperativa possiede 38 ha di vigneti suddivisi fra i 6 soci.
La produzione totale di vino è di hl 1.800, 135.000 bottiglie.
I vitigni sono ubicati nel territorio collinare (300m-500m slm) di Camporeale e di Monreale. La zona è molto ventilata e con forti escursioni giornaliere. I tipi di suolo: Regosuoli – suoli bruni vertici – suoli bruni lisciviati; sono suoli originati su matrice argillosa o sedimentaria contengono molta quantità di argille, medio contenuto in sostanza organica, buon contenuto di calcio e di calcare. Le esposizioni sono diverse, la maggior parte dei bianchi sono esposti a nord e a quote maggiori”

Nell’ambito dell’a.b. quali operazioni colturali effettuate?
si dà molta importanza alla fase produttiva delle uve, puntando su tecniche che garantiscano un’alta qualità, allevamento delle piante ad alberello o a spalliera, basse rese, inerbimento e sovesci, potatura verde e raccolta manuale”

Parliamo di diversificazione colturale; che cosa è questa carta che avete sottoscritto, questa “Carta per la Biodiversità”?
a partire dal 2009 abbiamo iniziato ad applicare un nuovo programma: la Carta per la Biodiversità. Coltivare solo in biologico non basta. Una monocoltura anche se bio è sempre negativa. Occorre trasformare le aziende in centri di equilibrio, dove il vigneto si trova integrato con altre colture tipiche, Olivo, Mandorlo, Fichi, Melograno, vicino ad aree naturali, piccoli boschi, laghetti, incolti, siepi, cumuli di pietre etc., In modo da rendere più stabile ed equilibrato l’agro-ecosistema. Pratichiamo l’inerbimento del vigneto da ottobre a marzo, poche lavorazioni superficiali, sovesci di leguminose e creazione di corridoi inerbiti ogni 3 filari non lavorati, le piante verranno piegate con apposito rullo. Vogliamo trasformare i nostri vigneti in dei luoghi sani e anche belli, in cui poter lavorare e vivere in armonia con la natura”

Maturazione e maturità dell’uva: Emile Peynaud “amava ripetere di avere udito 30 cattive ragioni per raccogliere l’uva alla data sbagliata”
dalla fioritura alla vendemmia, passando per l’invaiatura, la maturazione e la fase finale della aturità, analizziamo i vari momenti dell’evoluzione dell’acino: composizione, costituenti e anomalie. Ė importante fare regolari analisi per ottenere risultati affidabili.
Solo una agricoltura sana e biologica permette di ottenere una giusta maturità senza correre il rischio di un cattivo risultato. Il clima siciliano è ideale per questo tipo di viticoltura

La tua Cantina?
la cantina Valdibella è un posto a cui sono particolarmente legato. Tutto è partito da li. Inizialmente Fabio, l’allora direttore dei Salesiani, lo aveva destinato a tutt’altre attività, ma subito dopo esserci conosciuti sviluppammo insieme l’idea di farne una cantina. Siamo nel 1998 e con altri amici produttori avevamo da alcuni anni convertito le nostre aziende al metodo biologico e avevamo una gran voglia di cominciare a produrre vino, a trasformare l’uva che producevamo e che fino ad allora eravamo costretti a vendere presso strutture esterne senza nessuna soddisfazione né morale né economica. Accogliemmo subito la proposta di Fabio di fare di quel posto qualcosa di speciale, una cantina per produrre vini con le nostre uve e crescere come produttori ma al contempo integrati in un progetto sociale.
Il progetto Jonathan, crescere noi come produttori con i ragazzi ospiti della comunità Itaca che avrebbero partecipato al lavoro in cantina ma anche nelle aziende agricole avendo così la possibilità di una condivisione e di una educazione al lavoro reale che avrebbe completato il loro percorso educativo svolto in comunità”

Rimanendo nell’ambito di una a.b. in cantina, per la chiarifica dei mosti, fai uso di sostanze chimiche?
“in cantina non viene aggiunta nessuna sostanza chimica di sintesi. La chiarifica dei mosti viene svolta naturalmente con l’aiuto della bassa temperatura”

Cosa hanno in comune vini senza solforosa aggiunta e naturalità?
ormai non è solo una moda, è un grosso equivoco, alimentato dalla ignoranza e dalla superficialità; mi riferisco al collegamento automatico che sempre più persone fanno tra l’assenza di solforosa aggiunta e l’essenza della naturalità. Come se bastasse imbottigliare il vino senza SO2 per sdoganarsi dalla convenzione chimica e ipertecnologica e approdare nell’universo “bio” con proposte falsamente rivoluzionarie”

Ci accorgiamo che una condotta rispettosa nel vigneto porta alla raccolta di uve in buona salute da cui verrà estratto un mosto sano che, proprio perché tale, riuscirà, secondo te, ad attivare un processo fermentativo senza lieviti aggiunti?
le uve biologiche sono ricche di lieviti indigeni che sono perfettamente in grado di svolgere la fermentazione. Ogni uva ha la sua composizione di lieviti, così ogni vino ottenuto è veramente espressione del territorio che l’ha prodotto. Molti dei vini sono ottenuti con fermentazioni spontanee”

Un vino che restituisce il luogo e con lui l’esito di una stagione possiede una ricchezza stratificata dall’impatto meno definibile, ma decisamente più magnetico ed avvincente.

Con la solforosa come vi regolate, quando e quanto ne aggiungete?
“il clima del territorio e la raccolta in cassetta permettono di non usare solfiti sulle uve. In cantina si usano piccole dosi sempre al disotto della metà di quella consentita per legge. Alcuni vini sono poi ottenuti completamente senza solfiti aggiunti”

 I tuoi vini fanno la malolattica?
i vini svolgono naturalmente la fermentazione malolattica. I batteri indigeni e le temperature idonee di quel periodo sono sufficienti. Quando un vino stenta, si aggiunge un po’ di feccia dei vini che l’hanno già svolta”

C’è un arricchimento dei vini? (mosti concentrati/ rettificati?)
il nostro clima consente una completa maturazione. Le uve hanno sempre il giusto grado zuccherino e non occorre effettuare aggiunte esterne. I vini sono sempre secchi con meno di 2 gr di zuccheri residui. Talvolta nelle fermentazioni spontanee può capitare che ci sia un contenuto zuccherino max di 3/4 gr che i lieviti non riescono a fermentare. Il vino poi trova naturalmente il suo equilibrio”

Gli interventi di cantina, la botte? Nel periodo compreso tra la fine della vinificazione e l’imbottigliamento, avvengono numerose modificazioni della composizione del vino accompagnate dall’evoluzione del colore, del profumo e del suo sapore. Gli interventi di cantina e le caratteristiche del contenitore svolgono una forte influenza su queste trasformazioni. Voi cosa fate?
 si cerca di lasciare al vino il suo gusto originario e non modificarlo con un uso eccessivo di botti nuove che tendono ad uniformare il gusto del vino. L’invecchiamento deve essere caratterizzato da una evoluzione armonica dei diversi costituenti e questo dipende per i bianchi, affinati in acciaio e in bottiglia, dal mancato apporto di O2 e dalla composizione del vino; per i vini rossi dalle condizioni esterne (i fenomeni ossidativi –O2 e SO2 – la temperatura e il tempo) e dalla composizione del vino legata alla sua componente fenolica”

L’informazione, la parola d’ordine della Cantina Valdibella, ritorna anche in cantina, e nel modo più inaspettato:
dopo averlo assaggiato, puoi buttare il vino che avanza nel giardino qui fuori, e aggiunge: in modo che l’ambiente qui intorno riceva più informazioni possibili sul vino e sulla cantina, per potervisi integrare”

Perché dovrei comprare i tuoi vini?
 
Io utilizzo il termine “vini naturali” per definire un concetto di rispetto nella produzione del vino:

 

 
“Un vino naturale è un vino in armonia con l’ecosistema in cui siamo inseriti.”

Scegliere un vino naturale è più una questione di sapore o una questione etica ed ecologica?

 

Su che informazioni ti basi per definire un vino naturale?

La veracità del vino è legata indissolubilmente all’onestà di chi la produce, non esistendo un’istituzione statale che certifichi la naturalità dei metodi produttivi, devo quindi attenermi al produttore”
“Dopo averlo assaggiato ho degli strumenti (organolettici: tonalità più intense, sentori più maturi) per valutarlo, per giudicare la sua spontaneità, per sapere se è un vino interessante o meno, ma non la certezza”

L’appassionato a cosa dovrebbe affidarsi per scoprire vini naturali e interessanti da bere?

 La tua domanda troverà una risposta, quando andremo a conoscere direttamente gli uomini e le donne che lavorano la terra in modo sincero ed autentico; parlare con loro, visitare vigneti e cantine”   

Il mio appello va soprattutto a chi assaggia, beve e acquista. È tempo di usare i sensi giusti, l’olfatto, il gusto e il tatto. Quando scegliamo una bottiglia, gli occhi e le orecchie sono coinvolti solo marginalmente… Per non parlare della percezione del proprio benessere generale, altro parametro tanto prezioso quanto sottovalutato. Impariamo a cogliere il senso di un vino sano

Un atto di fede:  alcune settimane fa ho bevuto con pochi, belli, fortunati e bravi amici un Clos de La Coulée de Serrant, Chenin Blanc 1999. Il produttore Nicolas Joly in etichetta scrive: “L’agriculture en biodynamie, un’art agricole qui renforce l’originalité de nos vins. Le chenin est le cépage qui a mon avis se révèle pleinement quand on a su mettre dans la vendange de la pourriture noble”

Atto di fede e Chenin Blanc 1999. dopo 18 anni  questi “vino naturale” da Agricoltura biodinamica conserva i profili distintivi (colore, odori, aromi e sapori) della sua gioventù; in combinazione con gli aromi caratteristici delle uve botritizzate

 

 

“A Panzano in Chianti nella Conca d’Oro, dopo tanti anni di Agricoltura Biologica,  tornano le lucciole”

Lucciola:  la produzione della luce avviene nella parte terminale dell’addome:

La luce emessa è dovuta all’ossidazione del substrato fotogeno luciferina ad ossiluciferina, che avviene in presenza di ossigeno grazie alla catalisi operata dall’enzima luciferasi. È una luce fredda, la cui lunghezza d’onda oscilla fra i 500 ed i 650 nm. L’intensità invece varia a seconda della specie (ne esistono circa 2000). L’emissione luminosa è una funzione che si manifesta nella fase di corteggiamento precedente all’accoppiamento.

Palermo  27 giugno 2017                                                                          Guido Falgares

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