Il ” Fior di Garofalo”

26 Dicembre 2016 by

Il Fior di Garofalo       (Fiore Sicano)
Tipologia: formaggio a pasta cruda, molle, a crosta fiorita
Area di produzione: l’area dei Monti Sicani. Le riserve naturali dei Monti Sicani, con le loro peculiarità  floro-faunistiche,  caratterizzano  questo ambiente  naturale che si estende su di una superficie di circa 110 mila ettari nella parte centro-occidentale della Sicilia. È  in quest’area che il frumento, l’olivo ed il pesco, insieme ai pascoli delle aree collinari e montane, disegnano un paesaggio agrario punteggiato dai caratteristici “pagghiari”.
In questo comprensorio, soprattutto in quelle zone dove non è possibile praticare altre colture, la zootecnia vanta una tradizione molto antica. Proprio i resti degli insediamenti sicani, le architetture bizantine, i borghi nati da antichi casali arabi, le chiese decorate da stucchi di scuola serpottiana raccontano la storia di questi luoghi.
In questo territorio si produce il Fior di Garofalo (dal nome della contrada), l’unico formaggio vaccino prodotto in Sicilia, caratterizzato da una pasta molle e dalla presenza di muffe autoctone che si sviluppano grazie al particolare microclima dei locali di stagionatura:  costruzioni in pietra calcarea con muri molto spessi e seminterrati. Le forme vengono poggiate su scaffali di legno di leccio o di quercia.
Il Fiore di Garofalo, noto anche con la denominazione di “tumazzu ri vacca” ripercorre la storia di quei formaggi la cui realizzazione è legata al “caso”. Sembra, infatti, che il primo casaro, a causa di un imprevisto,  non  portò a termine la lavorazione del formaggio cosa che tradizionalmente aveva sempre fatto.
Al suo ritorno, per “non buttare” la cagliata, la mise ugualmente in forma in fascelle di piccole dimensioni, anche perché quelle più grandi gli sarebbero servite per la caseificazione del giorno dopo.
Credendo di non poter utilizzare più quel formaggio, lo trascurò fino al punto da farlo ricoprire interamente di muffa (trasmessa dalla frutta vicina).
Dopo qualche tempo decise di assaggiarlo prima di  buttarlo: lo trovò gradevole e decise di ripetere lo stesso procedimento, cercando di migliorarlo.
Insieme alle attrezzature storiche,
Tina di legno: Chiscuni
Caldaia di rame stagnato: vacilieddu
Bastone di legno: ruotula
Tavoliere di legno
usò anche una cassa di legno dove riponeva la tuma per circa 4 ore effettuando 5-6 rivoltamenti.
Era questo il sogno del curatolo Salvatore Passalacqua.
Il Fior di Garofalo (Fiore Sicano),
è nato dall’interesse per i formaggi di Salvatore che, allora ragazzo, decise di andare in giro per l’Italia per conoscere il mondo zootecnico ed imparare i sistemi di allevamento e le tecniche di caseificazione.
Salvatore ebbe modo di apprezzare i prodotti caseari della Val di Visdende (situata in Veneto, sulle Alpi a ridosso del confine austriaco).
In questi pascoli le Brune Alpine producevano un buonissimo latte trasformato poi, dai casari veneti, in un formaggio grasso e molle, come spesso è il formaggio di malga.
E fu questo binomio, casaro veneto e formaggio di malga, che lo sedusse,  lo stimolò, lo motivò a realizzare il sogno, il desiderio di un  formaggio che fosse il suo formaggio a pasta molle.
Si chiese, allora, se sarebbe stato possibile farlo in Sicilia e più precisamente tra i monti Sicani.
Il Curatolo Salvatore partiva dal presupposto che la materia prima di questo territorio non avesse nulla da invidiare ai migliori pascoli di alta montagna che si possono trovare in altri luoghi dell’Italia e iniziò a trasformare, quasi per gioco e da autodidatta, il latte che gli avanzava da quattro Pezzate Rosse che aveva nel frattempo comprato.
Il Curatolo aveva delle idee ben precise in merito e si orientò subito verso il formaggio di alpeggio a pasta molle e crosta fiorita, grazie alle sue naturali muffe.
Dopo innumerevoli prove, durate più di due anni, Salvatore riuscì ad ottenere un formaggio molto piacevole ed assolutamente inconsueto per il territorio siciliano.
Nel cammino verso il formaggio definitivo furono coinvolti diversi amici del Passalacqua, ignari assaggiatori.
Possiamo asserire che quello che rende speciale ed unico il Fiore di Garofalo,
non è soltanto la capacità del produttore, ma soprattutto il suo legame imprescindibile con questo territorio, con questa contrada; è, infatti, con il latte di questi animali  allevati liberi per la maggior parte dell’anno in pascoli naturali e coltivati,  ad un’altitudine media di oltre 700 m slm e con l’atmosfera di vita agro-pastorale che si respira in questi luoghi che si riesce ad ottenere questo prodotto, che è stato inserito tra i formaggi tradizionali della Sicilia con  decreto della Regione Sicilia del 28/12/1998 e successivamente, per la stupidità di un qualche burocrate,  è stato chiamato  “Fiore Sicano” (un nome generico che non rispecchia l’area di produzione) e non Fior di Garofalo (dal nome della contrada). Noi continueremo a chiamarlo Fior di Garofalo.
L’areale di produzione:
la zona tradizionale di produzione del latte destinato alla realizzazione del Fior di Garofalo è compresa nell’ambito del territorio dei Comuni di Castronovo di Sicilia, Santo Stefano di Quisquina, Prizzi, Palazzo Adriano, Cammarata e Bivona.
Il sistema di allevamento adottato è di tipo brado o semibrado, che sfrutta le caratteristiche vegeto-produttive della flora presente nel territorio, specie quella boschiva.
L’alimentazione dei bovini in genere è costituita da foraggio fresco che, nel periodo di magra, viene integrato con fieno e mangimi concentrati.
Principali peculiarità storiche sulla tecnologia di caseificazione
Il Fiore Sicano viene ancora prodotto con antiche tecniche tradizionali. il latte vaccino di due mungiture  viene fatto coagulare in una tina di legno – chiamata chiscuni – a 37- 39°C con caglio in pasta di capretto in quantità di circa 30 g per cento litri di latte per circa 60 minuti. La rottura della cagliata avviene con l’ausilio di una rotula di legno “ruotula” e viene effettuata  in due tempi e modi differenti.  La prima rottura viene fatta più grossolana e poco energica. Dopo circa tre minuti si procede ad una seconda rottura più energica fino a ridurla alle dimensioni di chicchi di mais.
La cagliata viene separata dal siero e posta in apposite forme su un tavoliere di legno. Dopo essere state qualche tempo a scolare, le forme saranno di nuovo riposte nella tina, che conterrà al fondo un po’ di scotta calda a circa 78°. Qui, coperte con un telo per non disperdere il calore, verranno sottoposte a stufatura per un tempo variabile da 15 minuti ad 1 ora in funzione della temperatura dell’ambiente fino a quando la cagliata ha raggiunto l’acidificazione ottimale.
Il giorno dopo, viene effettuata una salatura a secco sull’intera superficie delle forme. Terminata questa fase, le forme vengono poste a stagionare su scaffali di legno di quercia o leccio, per un periodo minimo di 60 giorni fino oltre 2 anni.
La stagionatura avviene in locali mantenuti ad una temperatura compresa tra 8 e 12°C e con elevata umidità (80-90%). Il microclima presente  in questi ambienti consente la formazione sulla superficie del formaggio di muffe autoctone delle quali il genere più importante è il  Penicillium.
I Locali di stagionatura
costruzioni in pietra calcarea con muri molto spessi e seminterrati: Le forme vengono poggiate su scaffali di legno di leccio o di quercia. In tali ambienti si insediano le muffe.
Il Fior di Garofalo ha un sapore delicato leggermente acidulo, un retrogusto dolce non troppo intenso ed un gradevole odore di latte e crema.
La stagionatura prolungata rende questo prodotto caseario ancora più morbido ed intensamente profumato.
Il formaggio si presenta in piccole forme cilindriche a facce piane, con un diametro di 20 cm, uno scalzo di 6-7 cm ed una pezzatura di 2kg. La crosta sottile  è  di  colore  grigio-verde  per  la  caratteristica  presenza  delle  muffe autoctone, la pasta, invece, è di colore bianco, morbida e compatta.
 
Anche in questo comprensorio non mancano le iniziative volte alla valorizzazione commerciale dei prodotti degli allevamenti.
In particolare il progetto “Le vie dei Formaggi”, realizzato dalla Regione Siciliana attraverso l’Unità Operativa di Lercara Friddi, intende promuovere e valorizzare la produzione casearia tradizionale del territorio dei Monti Sicani.
Un’altra importante iniziative riguarda il progetto “Formaggi tipici” che, entro breve tempo, porterà alla realizzazione di uno specifico Consorzio di tutela

@ Il “pagghiaru” rappresenta una delle più interessanti testimonianze dell’archeologia rurale siciliana. Può definirsi il tipo arcaico della casa contadina; è costituito da una capanna sistemata sopra una primitiva base in muratura a secco, al suo interno si trovano spazi per cucinare, riposare e per il ricovero di alcuni animali.

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