Un pomeriggio particolare da Scialo

3 Giugno 2016 by

Il 3 giugno 2016 alle ore 18,00 da Scialo

 


 

viniL’ambiente:  noi, gli amici di Dioniso il 3 giugno da Scialo in via Notarbartolo 5/a a Palermo

I vini: uno Chardonnay e un Nerello Mascalese

Il microclima: un pomeriggio particolare, rilassato, non impegnativo, caratterizzato da allegria e spensieratezza.

 

 

 

 

Uno dei compiti più importanti della vita è carpire attraverso le “nostre sinapsi” le peculiarità del “microclima circostante”, afferrandone attraverso le “nostre radici” tutte le sottili varianti per ridare un significato alle parole, ai comportamenti.

Ed ecco che il “microclima” di ieri pomeriggio ci ha divertito (il gossip), ci ha rasserenato (i progetti), ci ha dato un significato (lo stare insieme).

La bellezza del vino, bevanda sociale, si amplifica qualora se ne goda in compagnia: la sua vocazione più intima è di avvicinare le persone, permettendo loro di condividere impressioni e istanti di felicità.

La degustazione deve essere usata per capire, migliorare, crescere; la degustazione è uno strumento di conoscenza e di piacere.

La degustazione è una continua scoperta, un atto che coinvolge per intero e richiede una mente duttile.

Degustare significa affinare gli strumenti per far fronte al mistero che ogni bottiglia racchiude: il presupposto è la padronanza dell’ambiente in cui ci si muove; il traguardo è diventare degustatori credibili, ovvero capaci di vivere le emozioni sensoriali e di descriverle, mediando la propria soggettività con le conoscenze tecniche e le esperienze raccolte fino a quel momento.

Ed allora un “microclima” conviviale, non formale, più libero; che concede al linguaggio più fantasia, ironia, paradossi e talora vette goliardiche.

il giudizio di gusto consiste proprio nel chiamar bella una cosa soltanto per la sua proprietà di accordarsi col nostro modo di percepirla” Immanuel Kant

 

Le bottiglie sono state aperte qualche minuto prima della degustazione e leggermente scolmate dal sommelier Paolino il quale, dopo averne constatato l’integrità visiva, olfattiva e gustativa ha versato il primo vino nei bicchieri.

Il primo vino è lo Xeravuli Chardonnay 2015, Cantina Bennici.

Seduti attorno ad un tavolo gli amici di Dioniso hanno avuto modo di ascoltare il suo arrivo nel bicchiere, guardare la tonalità del colore e il riflesso, fare delle ipotesi che magari verranno confutate dall’esame dell’odore e del gusto.

In questo breve arco di tempo ho avuto modo di informarli sul processo di produzione del vino, tenendolo ben distinto dalla descrizione organolettica.

Per gli amanti del bianco, lo Chardonnay è un ottimo approdo: il vino “ideale”, per eleganza e complessità. Ancor più se arriva dalla Sicilia. Ancora più se proviene da un microcosmo, che si dimostra adatto a questo vitigno esigentissimo, qual è la contrada “Xeravuli” a nord del comune di Piana degli Albanesi.

La vista d’incanto, è in grado di dominare tutto.

E’ sempre più raro imbattersi in scorci di Sicilia autentica, ma qui la magia c’è ancora.

La cantina Xeravuli di Alessandro e Franca Bennici da pochi anni sta provando a emergere realmente nel mercato. Cinquemilacinquecento bottiglie prodotte ogni anno in un ettaro vitato.

E, come spesso capita, il difetto non risiede nella qualità ma nella quantità.

Nel senso che, non di rado, le aziende sono così piccole da produrre pochissime bottiglie. Che, fatalmente, finiscono subito.

Alessandro ha cominciato a fare vino quasi come se inseguisse una doppia vita: di giorno il medico dentista e di sera, nei fine-settiamna e nei giorni di festa a inseguire i gusti antichi in cantina.

L’inseguimento ha avuto buon esito e oggi i suoi bianchi (lo Chardonnay e il Catarratto) sono meravigliosamente gradevoli.

Le etichette prodotte sono 4 (due bianchi e due rossi). Tutti i vini affinano in acciaio.

Torniamo allo Chardonnay.

E’ bizzarro ma forse anche emblematico che, per trovare uno Chardonnay come si deve e senza per questo impegnarsi in un mutuo, occorra cercare una piccola azienda. Il vigneto: esposizione sud-est; altitudine 720 metri slm; anno d’impianto 1998; ceppi 500; resa/ha 75 q/li circa; resa/pianta 2 Kg; allevamento a spalliera; potatura a Guyot; suolo di medio impasto, prevalentemente calcareo con aree di ciottolato; inerbimento del terreno con taglio dell’erba che viene lasciata sul posto a copertura.

Il rispetto delle pratiche colturali ha permesso alla morfologia e alla microbiologia del suolo con gli altri elementi, clima, microclima, orientamento, pendenze, venti, di agire sull’originalità del vino.

La vendemmia: la prima settimana di settembre con uve mature, ma non surmature; raccolta dell’uva all’alba e rapido conferimento in cantina; diraspatura e pigiatura con macchine artigianali:

La fermentazione: rapido saggio del mosto 19° Babo e avvio immediato; controllo della stessa tra i 16° e i 19°; durata 15 giorni; a 24 ore chiarifica con allontanamento delle fecce grossolane e successiva permanenza sulle fecce fini per sei mesi.

Imbottigliamento: fine febbraio 2016.

Acidità totale: 6,5 g/l; alcol 13%; bottiglie prodotte 650.

Tutte le fasi della lavorazione-fermentazione-vinificazione e imbottigliamento sono state seguite dal consulente enologo Francesco Di Giovanni.

Le guide lo definirebbero “ideale come aperitivo”, ma in realtà è un vino “ideale”.

Il colore è un giallo non intenso, luminoso, limpido con vivaci bagliori;

al naso, tra i sentori più percettibili le note agrumate, la pesca bianca, la mela, i fiori di campo e le note di macchia mediterranea che ne esprimono tutta la giovinezza;

in bocca ancora una volta ci sorprende per questa freschezza, spiccata che cerca e cercherà di amalgamarsi sempre meglio nel corpo del vino, regalandoci una sensazione di equilibrio tra la ricchezza del frutto e la potenza del corpo.

E’ ancora molto giovane, se avremo la possibilità di poterlo ben conservare e riassaggiare fra qualche anno probabilmente avremo delle sensazioni ancora più piacevoli,

valutazione: buono

La vendemmia 2012, che ho avuto modo di assaggiare ad aprile 2013, è rimasta incisa nella mia memoria, per una maggiore tensione, una complessità più esaltante, un autentico tumulto aromatico che però lasciava intatta all’assaggio la sensazione di misura e “controllo” propria dei fuoriclasse,

valutazione: ottimo

Vendemmia 2013, sovrapponibile alla precedente

valutazione: ottimo

Vendemmia 2014, la Cantina non ha imbottigliato.

 

 

Il secondo vino è un Nerello Mascalese 2015 della Cantina Principe di Corleone.

A 50 chilometri da Palermo, il territorio di Corleone si allarga tra la Riserva Naturale del Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago;

zone naturalistiche protette che rendono questo territorio unico al mondo.

La tenuta Principe di Corleone della famiglia Pollara si estende per circa 100 ettari,

ad un’altitudine compresa tra 350 e 550 metri slm.

I terreni godono di un bene prezioso: un corso d’acqua sotterraneo e molto profondo che regala un’acqua purissima. La sorgente è sempre vitale e la famiglia Pollara attinge l’acqua e la ridistribuisce goccia a goccia per soddisfare le esigenze idriche delle loro vigne.

Le lunghe estati asciutte e assolate, l’altitudine, il vento, l’esposizione verso sud garantiscono una maturazione lenta e completa dei grappoli; le notti fresche e ventilate danno complessità aromatiche alle uve.

Una agricoltura sostenibile, con tecniche colturali che donano ottima salute alle viti.

I grappoli vengono raccolti a mano e deposti con cura in cassette dopo aver raggiunto la maturazione ideale in termini di zucchero, acido e tannini.

Solo successivamente vengono trasportati alla cantina di vinificazione.

Le varietà vengono vendemmiate separatamente e solo dopo una fermentazione ottimale e dopo accurati controlli olfattivi, organoltettici, chimici e analitici si procede al vinaggio per ottenere vini dalla spiccata personalità, originali e rispettosi della tradizione.

Il vigneto a Nerello Mascalese era già presente negli anni ’70 dello scorso secolo nella tenuta Principe di Corleone; e si producevano degli ottimi rosati.

Successivamente tali piante furono estirpare per fare posto ai Cabernet, ai Merlot, ai Sirah. Il mercato lo richiedeva.

Ma alla fine del secolo scorso e agli inizi di questo, il vigneto Etna è cresciuto e con il Vulcano è cresciuto il Nerello Mascalese.

Vincenzo e Lea Pollara hanno deciso di ricostruire il vigneto a Nerello Mascalese ed eccoci qui a parlare di un vitigno autoctono nel territorio di Corleone.

Vendemmia 2015, Nerello Mascalese 100%, macerazione in rotovinificatore in acciao inox.

Le mie impressioni:

un vivace rosso rubino trasparente, come è giusto che sia;

al naso decise le note di ciliegie e more, buoni gli accenni floreali;

al gusto appare sostenuto da una non esuberante acidità e da un supporto tannico contenuto; un finale speziato. E’ un rosso gradevole.

In abbinamento ai vini le eccellenti “sfiziosità” del caratteristico “bistrot” Scialo.

Palermo 03 giugno 2016

 

Guido Falgares

 

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