Degustazione 20 Marzo 2015 Enoteca “Cucì”

20 Marzo 2015 by

Di eccellenze vinicole Italiane se ne occupa, da tempo, l’associazione Dioniso,   tramite le degustazioni organizzate a cura del Dott. Guido Falgares, ma questa volta si è davvero superata! Ad essere protagonisti dell’evento, svoltosi presso l’enoteca “Cucì enoteca creativa” di Palermo giorno 05/03 u.sc., sono stati due grandi vini quali il “Granato” Foradori del 2000 e il “Montevetrano” del 1999.

A condurre la degustazione è stata la sommelier Francesca Tamburello.

Abbiamo cominciato con il Granato di Foradori del 2000.

Azienda centenaria, basa la sua storia sulla famiglia Foradori a partire dal 1939 quando Vittorio Foradori ne prende possesso. Comincia, così, la scalata dell’azienda che inizia a produrre vini di ottima qualità. E’ con l’avvento della figlia Elisabetta nel 1984, terminati gli studi di enologia, che ha inizio la produzione di Granato e di altri vini che, ad oggi, risultano essere capi saldi della viticultura italiana.

Zona di produzione situata a nord del Trentino, alle porte dell’Alto Adige, è il Campo Rotalino.  L’etimologia del termine ‘rotaliana’sembra, infatti, risalire alla lingua utilizzata dalle popolazioni celtiche e illiriche che abitavano queste zone circa quattromila anni fa: «Piana rotaliana viene a significare Piana (campi) della ( = ro)» – prefisso che indica il caso genitivo – «località del dazio ( = tal), dazio s’intende per entrare in Val di Non». (G.M.Rauzi, La piana rotaliana, 1978).

Particolare e variegato il suolo di produzione che, grazie all’ambiente pedoclimatico, alla ricchezza di minerali e alla bassa ritenzione idrica, si combina poi con l’influenza delle montagne, che ,nel loro abbraccio,  proteggono il Campo Rotaliano dai venti freddi e smorzano il freddo invernale così come il calore estivo, contribuendo a creare un microclima perfetto per la coltura della vite.

È proprio qui che ,da secoli, si coltiva il Teroldego, un vitigno che affonda le radici nella storia stessa, oltre che nei sassi della Piana Rotaliana.

Vitigno a bacca nera, forse, giunto in Trentino dalla provincia di Verona, dove i vigneti erano presenti attorno al lago di Garda; in quelle zone la varietà era conosciuta come Tirodola, dal sistema di allevamento con le tirelle.

Ad oggi il vitigno viene coltivato, quasi esclusivamente, nella zona del Campo Rotaliano, particolare allevamento della Foradori, che utilizza il metodo Guyot su 4 ettari di terreno.

Quello di Foradori è forse uno dei vini più conosciuti ed apprezzati, anche con riconoscimenti a livello mondiale. L’azienda produce 20.000 bottigli annue, il vino subisce un affinamento di 15 mesi in botte.

Analizziamo ora il vino da “vicino”.

All’aspetto visivo, si presenta con un bellissimo color rosso rubino, vivace e cristallino che, sicuramente, non tutti si aspettano dati i suoi 15 anni. Sembra essera ancora un “giovincello”, con una grande consistenza che si denota immediatamente quando ruoteiamo il bicchiere, lacrime ben visibili e archetti piccoli e corposi, che designano una buona alcolicità.

Complessità olfattiva decisamente unica, percepita non appena il vino si versa nel bicchiere. Sentori di fiori, come viole in appassimento, frutta a polpa rossa , confettura, note minerali e balsamiche. Un gran bel “naso”!

Ma è in bocca che esprime la sua completa perfezione… Secco, caldo con tannini polimerizzati ed equilibrati da una nota di freschezza,  che arriva poco dopo.

Vino solitamente bevuto giovane paradossalmente risulta, dopo 15 anni, al massimo della sua espressione. Forse sarebbe addirittura sprecato in abbinamento,  ma piuttosto da utilizzare in momenti simposiaci o di meditazione, per poterne fino i fondo capire la sua particolare eleganza e finezza.

Siamo scesi al sud, invece, con l’altro vino  preso in esame ovvero il Montevetrano 1999. L’azienda agricola Montevetrano, situata nella località di Nido nel comune di San Cipriano Picentino (Salerno), gode di 4 ettari di terreno ad un’altitudine di 150 metri, protetti a nord dagli Appennini e digradanti verso la costiera amalfitana.

Grazie alla passione della proprietaria Silvia Imparato, nota fotografa, e alla dedizione dell’enologo Riccardo Cotarella, l’azienda nel 1985 decise di sostituire i classici vitigni coltivati in loco per prediligere quelli bordolesi come: il cabernet sauvignon, il merlot e l’aglianico di Taurasi. Decisione discutibile sicuramente all’inizio,  ma smentita quasi subito quando iniziarono ad uscire le prime bottiglie di Montevetrano.  Accostamenti di vitigni poco usuali 60% di cabernet sauvignon, 30% di merlot e 10% di aglianico, che hanno portato il vino ad essere uno di quelli più apprezzati e pregiati della penisola.

La peculiarità di questo vino la notiamo immediatamente all’aspetto visivo. Il colore appare più fitto e sgranato del precedente, con una decisa consistenza . All’olfatto,  risaltano note molto decise tipiche dei vitigni utilizzati come il cuoio, frutta a polpa rossa matura, tabacco, note speziate e balsamiche. La varietà olfattiva rende assolutamente il vino molto complesso.

In bocca, esplode in tutta la sua magnificenza, regalando un elegante alcolicità retta da un tannino presente,  ma non invasivo. Note Freschezza e sapidità anch’esse presenti, non sempre riscontrabili in queste annate longeve, che danno equilibrio e struttura al vino. Elegante e fine.

Al termine della degustazione è stato offerto un piccolo aperitivo per i soci da parte dei proprietari dell’enoteca Cucì.

                    Per questa degustazione concludiamo affermando che:

“La vita è troppo breve per bere vini mediocri (Ghoete)”

 

Roberta Ambrosi

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