Riflessioni sul 150° Anniversario dell’Unità d’Italia

20 Gennaio 2011 by

Non nascondo il mio stupore quando, tramite una telefonata, il Dott. Falgares mi chiedeva gentilmente se potevo inviargli uno scritto, una riflessione sull’Anniversario dell’Unità d’Italia da inserire nel giornale dell’Associazione dei Gourmet.

 

Riflettendo su quanto sopra, per inciso, non essendo il sottoscritto nemmeno appartenente a tale associazione, conclusi che il Presidente mi aveva interpellato forse per sentire sull’argomento una voce, un pensiero da parte di una persona che, al di fuori dell’aspetto culturale, certo non può vantare quei quarti di appartenenza nazionale che sono normali per i nati oltre la riva destra dell’Isonzo.

 

Stimolato da questo aspetto, tenterò di dire qualcosa su questa ricorrenza che la nazione tutta si accinge a commemorare più che, a mio avviso, festeggiare durante questo anno. In questo periodo gli organi di stampa, televisivi ecc. iniziano a divulgare documenti, scritti, ricordanze che più o meno enfatizzano l’Anniversario. Il tutto lo trovo più che doveroso e legittimo in un momento in cui, data la situazione, si corre seriamente il rischio di dubitare anche sull’appartenenza a questa nazione.

Seguendo, per quanto possibile, le manifestazioni sopra accennate, non nascondo che mi pervade un sentimento più di amarezza che di gioia. Uno stato d’animo di mestizia sorge in me, ripensando a come si sono innescate, concretizzate, e normalizzate poi, le varie fasi risorgimentali. All’inizio, colmi di tensioni patriottiche supportati da altissime idee nazionali, unitarie ed illuministiche, dopo che popolo e borghesia progressista hanno, con grandi sacrifici, saputo concretizzare i loro proponimenti. Nella compagine unitaria dello Stato Italiano che andava formandosi, è seguito poi un clima, non dico di Restaurazione, ma situazioni che tradivano i principi e le aspettative alle quali gli attori di tante lotte e battaglie si erano ispirati.

 

Ci sono periodi memorabili che testimoniano quanto sopra affermato.

 

Il primo immediatamente dopo il 61, quando la patria piemontese si presentava alle popolazioni del Sud con divisioni di bersaglieri con compiti tristemente noti. La prima riflessione che uno si pone è quella di immaginare i sentimenti che potevano scaturire in quelle genti, passate dai festeggiamenti ad una situazione di pesante oppressione. A conforto di quanto sopra, vale la pena ricordare che le motivazioni che dettero origine a questi moti protestatari da parte delle suddette popolazioni, erano dovute essenzialmente ad una richiesta di progresso ed ammodernamento sociale rispetto a quelle condizioni che i governi appena abbattuti le avevano da sempre mantenute ed assuefatte.

 

Il secondo periodo risorgimentale si concludeva alla fine della 4° guerra per l’indipendenza, ovvero alla fine della Prima Guerra Mondiale, dopo che i governi allora in carica mantenevano larghi strati della popolazione contadina al fronte, con la promessa della Riforma Agraria e della spartizione del latifondo (altro che con la finalità di liberare Trento e Trieste), si concludeva così questo periodo meno fulgido per i più, con l’instaurazione di venti anni di oscurantismo morale e in parte materiale.

 

Il terzo periodo invece (Seconda Guerra Mondiale), dopo la fine dell’apocalisse che riduceva l’Italia ad un cumulo di macerie, come tutti ricordano, e per non parlare della mia provincia e dei drammi che ancora oggi stentano a rimarginarsi, c’è stato un grande periodo in cui sembrava di riscoprire i più nobili sentimenti di solidarietà umana e sociale. In questa situazione permeata comunque di grandi tensioni c’era almeno da parte di tutti il grande anelito alla ricostruzione ed al vivere civile senza bavagli. Pur non essendo mai stato un democristiano, per onestà intellettuale mi corre l’obbligo di ricordare, in questa fase storica uomini della statura politica e morale di un Alcide De Gasperi, figura di grande onestà che nel profondo della sua solitudine personale e politica seppe riscattare e ridare dignità all’Italia (ricordare il discorso alla conferenza di Pace di Parigi del 1947).

 

Passati poi gli anni 50 ed imboccati gli anni 60, ecco smorzarsi tutti gli entusiasmi, lasciando posto agli “intelligenti” , agli “scolari della politica”, assistendo inesorabilmente al deterioramento della situazione socio-politica sino alla nostra quotidianità.

Mi si potrà dire che lo sviluppo di questi fenomeni sono insiti nel DNA umano. Io dico invece che questo triste altalenarsi di eventi è da ricondursi ad una scarsa cultura e ad una completa mancanza del “Senso dello Stato”, che a parte poche luminose figure non è stato mai prerogativa della classe dirigente italiana.

Ho parlato di commemorazione più che di festeggiamenti in quanto il percorso dell’Unità d’Italia del Primo e del Secondo Risorgimento è caratterizzato più da grandi e piccoli fatti rivoluzionari, con conseguenti repressioni e sangue, che da aspetti felici e gioiosi seguiti alla conclusione di questi.

Approfondimenti su questo tema potrebbero essere impostati su un’analisi storica partendo, ad esempio, dalla Rivoluzione Giacobina del 1799, tratteggiando le figure del Cuoco e del Filangieri al Sud così come al Nord, quelle del Cattaneo e del Verri e di altri innumerevoli protagonisti del risveglio risorgimentale d’Italia. L’Italia, ricordiamolo, frantumata culturalmente e territorialmente cominciava a far germogliare nonostante tutto quei semi di riscatto nazionale, premessa inequivocabile alle lotte sfociate poi nell’anelito unitario nazionale.

Su quanto sopra e sugli eventi cronologici risorgimentali è stato scritto e vivisezionato tutto o quasi, per cui aggiungere una qualche originalità storica e / o documentaristica è compito degli storici. Da parte mia invece, semplice cittadino, può essere espressa soltanto un’opinione sulle sequenze storiche accadute.

 

Tuttavia vorrei concludere che i sacrifici, i caduti e le lotte sociali che hanno portato all’Unità e alla Libertà di questo paese non possono essere svenduti così facilmente ai predicatori della disgregazione nazionale, anche se la situazione politica in cui versa il nostro paese non è sicuramente oggi tra le più confortanti per sostenere come allora la fede nell’unità d’Italia.

 Loris Cok

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